I metalli pesanti sono componenti naturali della crosta terrestre che non vengono degradati dall'attività biologica e fotochimica, quindi non possono venire smaltiti ma tendono ad accumularsi, e se rilasciati nell'ambiente possono restarci per centinaia di anni.
Certi fenomeni naturali come le eruzioni vulcaniche, gli incendi boschivi e le maree contribuiscono alla diffusione naturale dei metalli pesanti. L’uomo, tuttavia, gioca un ruolo altrettanto importante, a volte maggiore di quello della natura.
Le attività umane, soprattutto le più inquinanti, possono alterare il ritmo di rilascio e di trasporto dei metalli pesanti nell'ambiente, causando l’aumento delle emissioni di alcuni ordini di grandezza. I metalli pesanti possono entrare nel nostro corpo principalmente attraverso l’acqua, l’aria e il cibo.
Sono generalmente considerati metalli pesanti i seguenti elementi: alluminio, ferro, argento, bario, berillio, cadmio, cobalto, cromo, manganese, mercurio, molibdeno, nichel, piombo, rame, stagno, titanio, tallio, vanadio, zinco, ed alcuni metalloidi con proprietà simili a quelle dei metalli pesanti, quali arsenico, bismuto e selenio.
Quando si parla di inquinamento da metalli pesanti, ci si riferisce normalmente solo ad alcuni di questi elementi come i maggiori responsabili dei danni ambientali, ossia: arsenico, mercurio, cadmio, cromo, piombo e nichel.
Lo staff di EcoStat conduce da anni ricerche sull’inquinamento prodotto dai metalli pesanti e sull’utilizzo delle piante come strumenti di monitoraggio del grado di inquinamento.
I servizi di EcoStat includono:
- valutazione del grado di inquinamento da metalli pesanti mediante l’utilizzo di specie botaniche come bioindicatori della qualità ambientale
- organizzazione e gestione di campagne di biomonitoraggio sulla presenza di metalli pesanti in ambienti urbani, fluviali, marini e terrestri